Il mito del lavorare sodo: non sfatiamolo

L’altro giorno, mentre facevo abuso di cioccolata trovata nella calza della befana di Reb (grazie zii, non dimagrirò mai), riflettevo su una questione che mi sta particolarmente a cuore. Riflettevo e ne parlavo con il mio maritino.

Quando svolgi un lavoro in breve tempo, di quelli che il tuo cliente ritiene difficilissimi ma che per te sono stati naturali come la dieta il lunedì mattina che fai? Se butta lì il discorso glielo dici che è stato un gioco da ragazzi? O niente, fai il vago e se proprio insiste confermi il duro lavoro che ti è costato quel compito?

Io delle volte ci ho provato a dire che il lavoro è venuto fuori veloce e pulito, ma lo sguardo del cliente è stato tipo: se va beh, e io tutti quei soldi te lo ho dati per faticare poche ore?

Ok non vi riporto la conversazione che è stata lunga e a tratti ha divagato pure, ma sono giunta ad alcune conclusioni che ora, mi spiace per te, dovrai leggere. Prendi la calza della befana di tuo figlio, finiscigli la cioccolata e leggi qui.

 

Il mito del lavorare sodo

Sai quella frasetta fastidiosissima che ti ripeteva l’amica del cuore quando strappava la cera dalle tue gambette? “Se bella vuoi apparire tanto devi soffrire”? (per i maschietti non ho un esempio calzante, perdonatemi). Ecco mi sono sempre chiesta: ma dove cavolo sta scritto.

L’idea di fondo che disegna il lavoro duro come il migliore, è molto simile. Fin da bambini ci hanno raccontato che se lavori sodo i compiti assegnati saranno svolti alla grande, ti promuoveranno a scuola, otterrai gratifiche professionali, avrai figli con il bollino gold sulla capoccia. Che poi spesso le cose stanno così, ma non sempre.

L’errore che spesso si fa in fase di valutazione della mansione è quello di rapportarne il suo valore al sacrificio (tempo, impegno, mal di testa, mal di schiena) che una persona ha patito per realizzarla.

Di contro, svolgere un lavoro bene, ma in poco tempo, ne svaluta la qualità.

Sciocchezze.

Non è la quantità, ma è la qualità.

 

Quantità vs qualità

Mi capita di frequente di paragonare il mio lavoro di freelance al mio lavoro di mamma. Lo fai mai? Prendi ad esempio il tempo che trascorri con il tuo bambino. È meglio la quantità o la qualità?

Da che Rebecca va alla materna (la Dea sia lodata), trascorro molto meno tempo con lei. Eppure sono ore di qualità, che le regalano molto di più di quanto non le regalassero 24 ore di convivenza forzata. Pitturiamo, facciamo la pasta, coloriamo, leggiamo libri, facciamo puzzle. Io sono completamente concentrata su di lei, e lei è completamente concentrata su quel che le propongo di fare.

Stessa cosa vale per il lavoro. Essere presenti, consapevoli, attenti aiuta a concentrare le ore di lavoro in maniera eccezionalmente efficace. Per dirla facile: si lavora di meno (in termini di tempo) e si produce lavoro di alta qualità.

 

Ecco come faccio io:

  • rispetto le mie routine creative (ne parleremo in un altro post);
  • mi concentro esclusivamente su quello che sto facendo (no cellulare, no mail, no odorino di caffè al ginseng che vien dal bar sotto casa;
  • mi riservo quotidianamente alcune ore da trascorrere sola con i miei pensieri e/o in compagnia della mia Rebecca;
  • quando lavoro lavoro, quando non lavoro non lavoro.

 

Ecco cosa puoi fare tu:

  • sii presente al tuo lavoro (come direbbe il mio maestro di yoga). Se hai scelto di lavorare, lavora e fallo consapevolmente;
  • crea una routine creativa;
  • leggi “Rituali Quotidiani” di Mason Currey e scoprirai che le teste più geniali e creative non spendevano per il lavoro più di 5 ore al giorno;
  • non impegnarti per cambiare il mondo: se il tuo cliente vuol credere che per svolgere quel bellissimo lavoro ci hai messo sacrificio, sangue, sudore, chi sei tu per mandare in frantumi il suo sogno?
  • smettila di mangiare la cioccolata dei tuoi bambini. Il post è finito. Creiamo in pace.

Alle prossime divagazioni freelance belli.

Ps. Grazie a tutti quelli che mi hanno scritto mail deliziose. Quando non ci siete mi mancate anche voi!

Di Claudia Zedda

Sono una scrittrice cagliaritana, web content, laureata in lettere moderne con indirizzo socio antropologico, ricercatrice indipendente e creativa cronica. Ho pubblicato due saggi tutti incentrati sulla tradizione sarda (Creature Fantastiche in Sardegna ed Est Antigoriu), un romanzo (L'Amuleto) e oltre ad esserefreelance.it gestisco il sito www.claudiazedda.it, www.bottegakreativa.it e www.koendi.it Visitali per conoscermi meglio!

1 commento su “Il mito del lavorare sodo: non sfatiamolo”
  1. Concordo su tutta la linea! Spinta da un libro che sto leggendo e che trovo illuminante (have a good day – caroline webb), ho iniziato a mettere in pratica alcune delle buone abitudini di cui hai parlato anche tu. Non dico di aver dimezzato i tempi del lavoro, ma… Poco ci manca, senza che ne risenta la qualità! Ottime riflessioni, come sempre 🙂

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