Twago è una delle più note piattaforme europee di intermediazione online per servizi in outsourcing ed è in grado di mettere in rete aziende (anche in fase di start-up) e fornitori di servizi per attività che spaziano dalla programmazione al graphic e web design, fino ai servizi alle aziende, come traduzioni, attività di SEO e SEM, scrittura di contenuti online.

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Forse tra 50 anni si parlerà dei primi freelancers come di quei pionieri che per primi scelsero di andare oltre la gabbia del lavoro dipendente in nome dell’autovalorizzazione della loro professionalità. Forse si scriveranno volumi interi sui primi che scelsero più libertà e più rischi e ci si chiederà come allora molti contemporanei non capirono subito che quei professionisti sparsi per il mondo stavano scrivendo una nuova storia.

 

Ad oggi, però, solo un freelance  o un’azienda che conta sulle sue capacità sanno realmente cosa sia il lavoro da freelance.

Soprattutto in Italia l’opinione comune (anche quella accademica o classicamente giornalistica) è ancora largamente sedimentata su visioni parziali e poco approfondite. Fatta eccezione per alcuni studi di qualità comparsi negli ultimi tempi nel nostro paese, il modo migliore per sapere cosa sia un freelance resta così ancora quello di chiederlo direttamente a lei o a lui.

Gran parte di chi legge questo bel blog sa fin troppo di cosa si parla,  chi invece ancora non lo sa dovrebbe provare a farsi una chiaccherata con una o con un freelance. Non mancheranno le sorprese, probabilmente.

Se voi dite a una/un freelance che lavora senza capi, vi verrà risposto che la scelta di essere freelance puntava proprio a questo, ma una tale libertà implica anche una certa disciplina ed una responsabilità più immediata di quella del lavoratore dipendente. Se voi dite a una/un freelance che ha il privilegio di scegliere dove lavorare, vi verrà risposto che in verità si può lavorare anche arrampicati su un albero, ma lo spazio del lavoro deve essere comunque organizzato in maniera tale da non divenire un ostacolo alla creatività e alla concentrazione, e questo non è per niente facile, soprattutto quando incombe il rischio della “home office from hell”. Se voi dite a una/un freelance che con un lavoro ben fatto guadagna un bel po’ di soldi, vi verrà risposto che non è sempre così. Ad esempio un traduttore freelance vi dirà che ci sono periodi senza lavoro che sembrano interminabili e che, per una curiosa legge fisica, ce ne sono altri dove i lavori sono troppi. Se voi dite a una/un freelance che è sempre in vacanza vi risponderà che in realtà non lo è mai, a maggior ragione dal momento che il suo è un lavoro cognitivo: provate a costringere un programmatore freelance a staccare d’un tratto la spina, come farebbero gli impiegati classici.

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Ma torniamo ai soldi, visto che non si lavora solo per passione, e un vero freelance sa che è importante sottolinearlo. Uno dei problemi di cui per prima cosa vi racconterà un freelance è quello di certe difficoltà nelle regole e nelle dinamiche dei pagamenti. Proprio l’emergere ancora piuttosto recente del lavoro freelance trova un sistema del mondo del lavoro spesso ancora impreparato ad adeguarsi alle specificità delle varie attività autonome. Ancora una volta, chi legge, ha ben presente di cosa si parli, quello dei pagamenti è spesso Il Problema.

In merito a questo Problema dei pagamenti, tramite la piattaforma twago si può ora però giungere a soluzioni più pragmatiche, che possono rivelarsi una soluzione tanto per i clienti quanto per i providers freelance.

Tra le tante piattaforme di intermediazione legate al lavoro freelance, a livello europeo twago è l’unica ad offrire il deposito di garanzia chiamato safePay. Il metodo è decisamente semplice: nel momento in cui un cliente concorda la realizzazione di un progetto con il freelance tramite la piattaforma, l’importo spettante viene trasferito su di un conto terzo imparziale e “congelato”. Nessuna delle parti, nemmeno chi gestisce la piattaforma, potrà intervenire sui soldi in questione. Successivamente, a lavoro concluso, la somma verrà liberata e trasferita dalla terza parte per essere poi finalmente accreditata al fornitore presso un conto che può essere aperto presso twago stesso oppure presso le piattaforme più disparate (ad esempio Paypal, Moneybookers) oppure un qualsiasi normale conto corrente bancario.

Forse tra 50 anni, quando si scriverà dei primi pionieri, questa sarà descirtta come una prima soluzione a quello che era un problema degli albori della storia freelance?

Scritto da Lorenzo, del Team Italia di twago.

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Photo Credit: twago

Di Claudia Zedda

Sono una scrittrice cagliaritana, web content, laureata in lettere moderne con indirizzo socio antropologico, ricercatrice indipendente e creativa cronica. Ho pubblicato due saggi tutti incentrati sulla tradizione sarda (Creature Fantastiche in Sardegna ed Est Antigoriu), un romanzo (L'Amuleto) e oltre ad esserefreelance.it gestisco il sito www.claudiazedda.it, www.bottegakreativa.it e www.koendi.it Visitali per conoscermi meglio!

1 commento su “Twago: il freelance è di casa”

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